RECENSIONE :
Gian Giuseppe Filippi
Pubblicata su:
vedavyasamandala.com - gennaio 2024
SANDRO CONSOLATO
A OVEST CON RENÉ GUÉNON
Edizioni Arya, Genova 2023
pagine 256. - € 26,00.
Il testo qui recensito si discosta notevolmente dalla ormai numerosa produzione, spesso collettanea, dedicata alla figura dell’esoterista di Blois. Ciò che piacevolmente colpisce è il rispettoso approccio che l’Autore ha mantenuto nei confronti del pensiero e dell’opera di René Guénon. Obiettivo non sempre centrato, ma senza dubbio più condivisibile delle velenose critiche dei suoi detrattori o delle squilibrate esaltazioni dei suoi adoranti lettori. Il prof. Consolato, in generale, ha saputo mantenere un senso di equilibrio tra il riconoscimento degli indubbi meriti di Guénon e l’identificazione delle affermazioni confuse o errate presenti nella sua opera. “Probabilmente” afferma con bonomia Consolato nella sua introduzione, “ci sarà chi giudicherà “A Ovest con René Guénon” un libro ‘anti-guénoniano’, mentre altri, di contro, lo troveranno ‘troppo guénoniano’. La realtà è che in esso mi sono attenuto all’indirizzo, nel tempo divenutomi più caro, del ‘giusto mezzo’.” Certamente noi non condividiamo né sentimenti anti-guénoniani né filo-guénoniani, essendo il nostro punto di vista non duale e, come tale, scevro da fideismi e ostilità preconcette. Questa è la ragione per la quale abbiamo apprezzato lo sforzo compiuto dall’Autore; in questo senso non ci sono nemmeno dispiaciuti i ripetuti accostamenti e distinzioni con altre figure dell’esoterismo del XX secolo, in modo particolare con Arturo Reghini e Julius Evola. Reghini, infatti, aveva saputo dimostrare una intelligenza profonda e, talora, perfino più acuta degli altri. È sufficiente leggere la descrizione della sua spontanea intuizione coscienziale (Pietro Negri [pseudonimo di A. Reghini], “Sub specie interioritatis”, in UR, 1927; rist. in Gruppo di UR (a cura del), Introduzione alla Magia, Edizioni Mediterranee, Roma, 1971, vol. I, pp. 13-18.), indice per tanti versi di una nascita intellettualmente privilegiata, per comprendere la levatura del personaggio. Evola, dal canto suo, ha saputo esporre simboli e aspetti delle diverse tradizioni, senza mai atteggiarsi a ‘grande iniziato’ o a creare attorno a sé una leggenda di mistero e di contatti privilegiati con ambienti iniziatici arcani. Certamente non condividiamo la benevolenza di Consolato nei confronti della sopravvivenza attuale del pitagorismo e al riconoscimento di qualche valenza iniziatica della Massoneria, di cui Reghini si illudeva; come neppure riteniamo sostenibile la ‘sotterranea’ sopravvivenza della tradizione romana vagheggiata da Evola e da alcuni ambienti italiani neopagani. A queste idee peregrine si aggiunge la credenza in una reale trasmissione ermetica che avrebbe avuto origine dal viaggio di Giorgio Gemisto Pletone a Firenze nel 1438 e che diede nascita all’Accademia Medicea. Secondo tale credenza, tale trasmissione ermetica si sarebbe sviluppata durante il Rinascimento, avrebbe influenzato il rosicrucianesimo protestante e sarebbe giunta fino a noi tramite filoni occultistici ottocenteschi. Non ci dilungheremo su questo argomento, dato che ce ne siamo sufficientemente occupati nel cap. 50 di Ab Ordine Chaos (su questo stesso Sito o, su carta, Milano, Ekatos, 2022). Riteniamo, perciò, che i capitoli di A Ovest con René Guénon, dedicati al confronto tra l’esoterista francese e Giuliano Kremmerz, sia la parte più debole del libro in recensione. Il preteso Ermetismo e la favoleggiata eredità egizio-partenopea presso l’insegnamento magico di Ciro Formisano sono esposti da Consolato con incomprensibile simpatia. Noi, da parte nostra, condividiamo il sospetto che Guénon nutriva nei confronti di Kremmerz e delle due società da lui promanate, Miriam e Mantos, che ancor oggi contano proseliti presso ambienti accademici romani e napoletani. L’ultima parte del libro consiste nell’esposizione delle dottrine cicliche di cui Guénon ha ripetutamente trattato nei suoi numerosi scritti e delle prospettive future ch’egli s’immaginava per la civiltà occidentale e per l’Europa in particolare. La descrizione che ne dà Consolato è, in generale, puntuale e aderente al pensiero di René Guénon. Nel libro l’Autore distingue con chiarezza tali tre prospettive guénoniane dalle chiaroveggenze e dalle profezie, sebbene il tono perentorio con cui l’esoterista di Blois le enuncia induca il lettore acritico a accettare che non ci siano altre e differenti possibilità. È tuttavia sorprendente che Guénon abbia considerato il “pericolo giallo” con leggerezza, pur essendo a conoscenza dell’avvio dell’imperialismo cinocomunista con l’invasione e della Mongolia interna, della Manciuria e del Tibet, nonché del genocidio perpetrato contro mancesi e uiguri; o che non abbia sospettato della tendenza degenerativa del mondo islamico e del suo piano di invasione etnica dell’Europa, che oggi, dopo varie decine d’anni, sta avvenendo tra l’indifferenza se non addirittura con la complicità di alcune turuq. Quanto alle sue tre prospettive sul futuro dell’Europa, egli affermava di averle basate sulla dottrina dei cicli cosmici, dottrina, a suo parere, conosciuta presso tutte le ‘tradizioni regolari’. Ciò non corrisponde alla realtà, in quanto i monoteismi sono privi di una cognizione ciclica del tempo e della divisione in quattro età dell’attuale umanità. Fanno eccezione alcune versioni tarde della Qabbalah che, tuttavia, essendo in contrasto con lo stesso Bereshit, sono interpretate in modo che dei sette cicli menzionati nel Sefer Ha Temunah solo l’attuale è la creazione adamica su questa terra, mentre gli altri sei sono cicli cronologici privi di modalità grossolana. Infatti è ben noto quanto per le religioni semitiche il testo rivelato sia la discriminante tra ortodossia ed eterodossia persino presso il dominio esoterico. Anche le tre età dell’Abate Gioacchino, in realtà sono tre fasi in crescendo di un tempo rettilineo. Per non parlare delle illazioni blavatskyane circa la successione dei Regni di Edom o delle categorie (tabaqāt) della terra secondo certo sufismo, che invece sono testualmente descritte contemporanee tra loro. Oltre ad avere una visione rettilinea della storia, i monoteismi condividono l’idea di una imminente fine dei tempi, che Guénon fa coincidere con la fine del kali yuga dell’induismo. Il fatto è che l’età oscura è descritta, in tutti i testi smārta, della durata di 432.000 anni, avendo avuto inizio nell’anno 3.102 prima dell’era volgare. In India, dunque, la fine del Kali yuga è ben al di là da venire. Ma ancor più macroscopica è la soppressione, da parte di Guénon, dei mahāyuga: infatti sia i Purāņa sia gli Āgama tramandano che un manvantara comprende 71 mahāyuga (o caturyuga), ognuno dei quali è composto, a sua volta, da quattro yuga. Il matematico Āryabhaṭa (Daśagītikā, I.3), in base ai suoi calcoli, confermò che la guerra del Mahābhārata avvenne alla fine del dvāpara yuga del nostro ventisettesimo mahāyuga del settimo manvantara che fa parte del kalpa del Cinghiale Bianco. A sua volta, il presente Śveta Varāha Kalpa è solo la metà luminosa del primo giorno del cinquantunesimo anno di “vita” di Brahmā. È per lo meno curioso che il prof. Consolato non si sia soffermato sulla forzata riduzione, operata da Guénon, dell’ampia durata tradizionale dei cicli cosmici secondo la tradizione eterna (e, con ogni probabilità delle età greco-romane, a essa così simile), per farla coincidere con la limitata parabola vitale delle religioni fondate negli ultimi tre millenni. Nonostante queste debolezze, il libro è ricco di dati e di spunti di grande interesse che, unitamente al tono mite ed equilibrato (virtù quanto mai rara presso gli esoteristi italiani), lo rendono di utile e di gradevole lettura. In modo particolare, è di grande rilievo la ben fondata rivalutazione dell’intellettualità classica, in particolare latina, spesso indebitamente sottovalutata a favore della barbarie celtica e germanica.
Gian Giuseppe Filippi
Le texte examiné ici s’éloigne considérablement de la production déjà nombreuse, souvent collective, consacrée à la personne de l’ésotériste de Blois. Ce qui frappe agréablement, c’est l’approche respectueuse que l’auteur a maintenue à l’égard de la pensée et de l’œuvre de René Guénon. Un objectif qui n’est pas toujours atteint, mais sans aucun doute plus acceptable que les critiques venimeuses de ses détracteurs ou les louanges déséquilibrées de ses adorants lecteurs. Le professeur Consolato, en général, a su maintenir un sens d’équilibre entre la reconnaissance des mérites indubitables de Guénon et l’identification des déclarations confuses ou erronées présentes dans son œuvre. “Probablement”, affirme avec bonhomie Consolato dans son introduction, “il y aura ceux qui jugeront ‘À l’Ouest avec René Guénon’ comme un livre ‘anti-guénonien’, tandis que d’autres, au contraire, le trouveront ‘trop guénonien’. La réalité est que je me suis conformé à l’orientation, devenue pour moi plus chère avec le temps, du ‘juste milieu’.” Quant à nous, nous ne partageons certainement ni des sentiments anti-guénoniens ni pro-guénoniens, notre point de vue étant non duel et, en tant que tel, dépourvu de fidéismes et d’hostilités préconçues. C’est la raison pour laquelle nous avons apprécié l’effort déployé par l’auteur ; dans ce sens, ne nous ont pas gênés les rapprochements et distinctions répétés avec d’autres personnages de l’ésotérisme du XXe siècle, en particulier avec Arturo Reghini et Julius Evola. Reghini, en effet, avait su démontrer une intelligence profonde et, parfois même, plus aiguë que les autres. Il suffit de lire la description de son intuition conscientielle spontanée (Pietro Negri [pseudonyme d’A. Reghini], “Sub specie interioritatis”, dans UR, 1927 ; réédité dans le Gruppo di UR (éd.), Introduction à la Magie, Éditions Méditerranéennes, Rome, 1971, vol. I, pp. 13-18.), indicatrice à bien des égards d’une naissance intellectuellement privilégiée, pour comprendre la stature du personnage. Evola, de son côté, a su exposer des symboles et des aspects des différentes traditions, sans jamais se poser en “grand initié” ni créer autour de lui une légende de mystère et de contacts privilégiés avec des milieux initiatiques inaccessibles. Nous ne partageons certainement pas la bienveillance de Consolato à l’égard de la survie actuelle du pythagorisme et de la reconnaissance de certaines valeurs initiatiques de la Franc-maçonnerie, auxquelles Reghini croyait ; de même, nous ne considérons pas comme soutenable la survie ‘souterraine’ de la tradition romaine fantasmée par Evola et certains milieux néopaïens italiens. À ces idées fantaisistes s’ajoute la croyance en une veritable transmission hermétique qui aurait eu son origine lors du voyage de Georges Gemiste Pléthon à Florence en 1438 et qui aurait donné naissance à l’Académie Médicéenne. Selon cette croyance, cette transmission hermétique se serait développée pendant la Renaissance, aurait influencé le rosicrucianisme protestant et serait parvenue jusqu’à nous à travers des courants occultistes du XIXe siècle. Nous ne nous attarderons pas sur ce sujet, car nous en avons suffisamment traité dans le chapitre 50 de Ab Ordine Chaos (sur ce même site ou, sur papier, Milan, Ekatos, 2022). Nous estimons donc que les chapitres d’À l’Ouest avec René Guénon, consacrés à la comparaison entre l’ésotériste français et Giuliano Kremmerz, constituent la partie la plus faible du livre en question. Le prétendu hermétisme et le légendaire héritage égypto-parthénopéen dans l’enseignement magique de Ciro Formisano sont exposés par Consolato avec une sympathie incompréhensible. Pour notre part, nous partageons le soupçon que Guénon nourrissait à l’égard de Kremmerz et des deux sociétés qu’il avait créées, Miriam et Mantos, qui comptent encore aujourd’hui des suiveurs parmi les milieux académiques romains et napolitains. La dernière partie du livre consiste en l’exposition des doctrines cycliques dont Guénon a longuement parlé dans ses nombreux écrits, ainsi que des perspectives futures qu’il imaginait pour la civilisation occidentale et pour l’Europe en particulier. La description que donne Consolato est, dans l’ensemble, précise et conforme à la pensée de René Guénon. Dans le livre, l’auteur distingue clairement ces trois perspectives guénoniennes de ce qu’on appelle clairvoyances et prophéties, bien que le ton péremptoire avec lequel l’ésotériste de Blois les énonce puisse induire le lecteur acritique à accepter qu’il n’y ait pas d’autres possibilités différentes. Il est cependant surprenant que Guénon ait considéré le ‘danger jaune’ avec légèreté, même s’il était conscient du début de l’impérialisme sino-communiste avec l’invasion de la Mongolie Intérieure, de la Mandchourie et du Tibet, ainsi que le génocide perpétré contre les Mandchous et les Uhiguriens; ou qu’il n’ait pas soupçonné la tendance dégénérative du monde islamique et de son plan d’invasion ethnique de l’Europe, qui se déroule aujourd’hui depuis plusieurs décennies dans l’indifférence, voire avec la complicité de certaines ṭuruq. Quant aux trois perspectives sur l’avenir de l’Europe qu’il avançait, il prétendait les fonder sur la doctrine des cycles cosmiques, doctrine qu’il considérait comme partagée par toutes les ‘traditions régulières’. Cela ne correspond pas à la réalité, car les monothéismes sont dépourvus d’une connaissance cyclique du temps et de la division en quatre âges de l’humanité actuelle. Une exception à cette règle est constituée par certaines versions tardives de la Qabbalah qui, cependant, en désaccord avec le Bereshit lui-même, sont interprétées de telle manière que des sept cycles mentionnés dans le Sefer Ha Temunah, seul le cycle actuel correspond à la création adamique sur cette terre, tandis que les six autres sont des cycles chronologiques sans aucune modalité grossière. En effet, il est bien connu que pour les religions sémitiques, le texte révélé est le discriminateur entre l’orthodoxie et l’hétérodoxie, même dans le domaine ésotérique. Même les trois âges de l’abbé Joachim sont en fait trois phases crescendo d’un temps linéaire. Sans parler des spéculations blavatskyennes sur la succession des royaumes d’Édom ou des catégories (ṭabaqāt) de la terre selon certains soufismes, qui sont au contraire textuellement décrites comme contemporaines les unes des autres. En plus d’avoir une vision linéaire de l’histoire, les monothéismes partagent l’idée d’une fin imminente des temps, que Guénon fait coïncider avec la fin du kali yuga de l’hindouisme. Le fait est que l’âge sombre est décrit, dans tous les textes smārta, comme d’une durée de 432 000 ans, ayant débuté en l’an 3102 avant l’ère vulgaire. Selon l’hindouisme, donc, la fin du kali yuga est encore loin. Mais encore plus flagrante est la suppression, par Guénon, des mahāyugas : en effet, aussi bien les Purāṇas que les Āgamas transmettent qu’un manvantara comprend 71 mahāyugas (ou caturyugas), chacun étant à son tour composé de quatre yugas. Le mathématicien Āryabhaṭa (Daśagītikā, I.3), selon ses calculs, confirma que la guerre du Mahābhārata eut lieu à la fin du dvāpara yuga de notre vingt-septième mahāyuga du septième manvantara qui fait partie du kalpa du Sanglier Blanc. À son tour, le présent Śveta Varāha Kalpa n’est que la moitié lumineuse du premier jour de la cinquante et unième année de ‘vie’ de Brahmā. Il est au moins curieux que le professeur Consolato ne se soit pas attardé sur la réduction forcée, opérée par Guénon, de la vaste durée traditionnelle des cycles cosmiques selon la tradition éternelle (et, très probablement, des âges gréco-romains, qui lui sont si semblables), pour la faire coïncider avec la parabole de vie limitée des religions fondées au cours des trois derniers millénaires. Malgré ces faiblesses, le livre regorge de données et de points d’intérêt considérables qui, combinés avec le ton souple et équilibré (une vertu trop rare chez les ésotéristes italiens), en font une lecture utile et agréable. En particulier, la réévaluation bien fondée de l’intellectualité classique, en particulier latine, souvent injustement sous-estimée au profit de la barbarie celtique et germanique, est d’une grande importance.
Gian Giuseppe Filippi
El texto aquí reseñado se aparta notablemente de la ya abundante producción, a menudo colectiva, dedicada a la figura del esoterista de Blois. Lo que destaca gratamente es el respetuoso enfoque que el Autor ha mantenido hacia el pensamiento y la obra de René Guénon. El objetivo no siempre está centrado, pero sin duda es más aceptable que las críticas venenosas de sus detractores o las exaltaciones desequilibradas de sus devotos lectores. El profesor Consolato, en general, ha logrado mantener un sentido de equilibrio entre el reconocimiento de los innegables méritos de Guénon y la identificación de las afirmaciones confusas o incorrectas presentes en su obra. “Probablemente”, afirma con bonhomía Consolato en su introducción, “habrá quienes consideren ‘A Ovest con René Guénon’ como un libro ‘anti-guénoniano’, mientras que otros, por el contrario, lo encontrarán ‘demasiado guénoniano’. La realidad es que me he adherido a la dirección que con el tiempo se ha vuelto más querida para mí, la del ‘justo medio’“. Ciertamente, no compartimos ni sentimientos anti-guénonianos ni pro-guénonianos, ya que nuestro punto de vista es no dual y, como tal, libre de fideísmos y hostilidades preconcebidas. Esta es la razón por la cual apreciamos el esfuerzo realizado por el Autor; en este sentido, no nos desagradan los repetidos paralelismos y distinciones con otras figuras del esoterismo del siglo XX, especialmente con Arturo Reghini y Julius Evola. Reghini, de hecho, había logrado demostrar una inteligencia profunda y, a veces, incluso más aguda que otros. Basta con leer la descripción de su espontánea intuición de la consciencia (Pietro Negri [seudónimo de A. Reghini], “Sub specie interioritatis“, en UR, 1927; reeditado por Gruppo di UR (ed.), Introduzione alla Magia, Edizioni Mediterranee, Roma, 1971, vol. I, pp. 13-18.), un índice en muchos aspectos de un nacimiento intelectualmente privilegiado, para comprender la elevación del personaje. Evola, por su parte, supo exponer símbolos y aspectos de diversas tradiciones, sin pretender ser un “gran iniciado” o crear a su alrededor una leyenda de misterio y de contactos exclusivos con ambientes iniciáticos inaccesibles. Ciertamente, no compartimos la benevolencia de Consolato hacia la supervivencia actual del pitagorismo y el reconocimiento de ciertos valores iniciáticos de la Masonería, a los cuales Reghini se ilusionaba; tampoco consideramos sostenible la “subterránea” supervivencia de la tradición romana idealizada por Evola y algunos entornos neopaganos italianos. A estas ideas peregrinas se añade la creencia en una real transmisión hermética que habría tenido origen en el viaje de Jorge Gemisto Pletón a Florencia en 1438 y que dio origen a la Academia Platónica. No nos extenderemos sobre este tema, ya que nos hemos ocupado lo suficiente en el capítulo 50 de Ab Ordine Chaos (en este mismo sitio o, en papel, Milán, Ekatos, 2022). Consideramos, por lo tanto, que los capítulos de A Ovest con René Guénon, dedicados al enfrentamiento entre el esoterista francés y Giuliano Kremmerz, son la parte más débil del libro objeto de esta reseña. El supuesto hermetismo y la legendaria herencia egipcio-partenopea en la enseñanza mágica de Ciro Formisano son expuestos por Consolato con una simpatía incomprensible. Por nuestra parte, compartimos la sospecha de que Guénon tenía hacia Kremmerz y las dos sociedades que él fundó, Miriam y Mantos, y que aún hoy cuentan con prosélitos en los círculos académicos de Roma y Nápoles. La última parte del libro consiste en la exposición de las doctrinas cíclicas que Guénon ha tratado repetidamente en sus numerosos escritos y las perspectivas futuras que él imaginaba para la civilización occidental y, en particular, para Europa. La descripción que da Consolato es, en general, precisa y fiel al pensamiento de René Guénon. En el libro, el autor distingue con claridad estas tres perspectivas guénonianas de las llamadas clarividencias y profecías, aunque el tono perentorio con el que el esoterista de Blois las enuncia lleva al lector acrítico a aceptar que no hay otras posibilidades diferentes. Sin embargo, es sorprendente que Guénon haya considerado el “peligro amarillo” con ligereza, a pesar de estar al tanto del comienzo del imperialismo sino-comunista con la invasión de la Mongolia Interior, Manchuria y Tíbet, así como el genocidio perpetrado contra los manchúes y los uhigurianos.; o que no haya sospechado de la tendencia degenerativa del mundo islámico y de su plan de invasión étnica de Europa, que está ocurriendo hoy en día desde hace décadas, entre la indiferencia e incluso la complicidad de algunas ṭuruq. En cuanto a sus tres perspectivas sobre el futuro de Europa, afirmaba haberlas basado en la doctrina de los ciclos cósmicos, doctrina que, según él, era conocida en todas las ‘tradiciones regulares’. Esto no se corresponde con la realidad, ya que los monoteísmos carecen de una visión cíclica del tiempo y de la división en cuatro edades de la humanidad actual. Una excepción a esto son algunas versiones tardías de la Qabbalah que, sin embargo, al estar en desacuerdo con el propio Bereshit, se interpretan de tal manera que de los siete ciclos mencionados en el Sefer Ha Temunah sólo el actual es la creación adámica en esta tierra, mientras que los otros seis son ciclos cronológicos sin ninguna modalidad sólida. De hecho, es bien sabido que para las religiones semíticas, el texto revelado es el discriminador entre ortodoxia y heterodoxia incluso en el ámbito esotérico. Incluso las tres edades del abad Joaquín son en realidad tres fases in crescendo de un tiempo rectilíneo. Sin mencionar las conjeturas de Blavatsky sobre la sucesión de los Reinos de Edom o las categorías (ṭabaqāt) de la tierra según ciertos sufismos, que, por el contrario, están textualmente descritas como contemporáneas entre sí. Además de tener una visión lineal de la historia, los monoteísmos comparten la idea de un inminente fin de los tiempos, que Guénon hace coincidir con el fin del kali yuga del hinduismo. El hecho es que la edad oscura, según todos los textos smārta, tiene una duración de 432.000 años, habiendo comenzado en el año 3.102 antes de la era vulgar. Para el hinduismo, por lo tanto, el fin del kali yuga está lejos de ocurrir. Pero aún más llamativa es la supresión por parte de Guénon de los mahāyugas: tanto los Purāṇas como los Āgamas transmiten que un manvantara comprende 71 mahāyugas (o caturyugas), cada uno de los cuales está compuesto, a su vez, por cuatro yugas. El matemático Āryabhaṭa (Daśagītikā, I.3), según sus cálculos, confirmó que la guerra del Mahābhārata tuvo lugar al final del dvāpara yuga de nuestro vigesimoséptimo mahāyuga del séptimo manvantara, que forma parte del kalpa del Jabalí Blanco. A su vez, el actual Śveta Varāha Kalpa es solo la mitad luminosa del primer día del quincuagésimo primer año de “vida” de Brahmā. Es, cuanto menos, curioso que el Prof. Consolato no haya detectado la forzada reducción, realizada por Guénon, de la amplia duración tradicional de los ciclos cósmicos según la tradición eterna (y, con toda probabilidad, de las eras greco-romanas, tan similares a aquella), para hacerla coincidir con la limitada parábola vital de las religiones fundadas en los últimos tres milenios. A pesar de estas debilidades, el libro está lleno de datos e ideas de gran interés que, junto con el tono amable y equilibrado (una virtud bastante rara entre los esoteristas italianos), lo convierten en una lectura útil y agradable. En particular, es destacable la bien fundamentada revalorización de la intelectualidad clásica, especialmente la latina, a menudo injustamente subestimada en favor de la barbarie celta y germánica.
Gian Giuseppe Filippi
The reviewed text significantly diverges from the now numerous productions, often collective, dedicated to the character of the esotericist from Blois. What is pleasantly striking is the respectful approach that the Author has maintained towards the thoughts and works of René Guénon. The goal, not always perfectly achieved but undoubtedly more agreeable than the venomous criticisms of his detractors or the imbalanced praises of his adoring readers. Professor Consolato, in general, has managed to maintain a sense of balance between recognizing Guénon’s undoubted merits and identifying the confused or incorrect statements in his work. “Probably,” Consolato states with bonomy in his introduction, “some will judge ‘A Ovest con René Guénon’ an ‘anti-Guénonian’ book, while others, on the contrary, will find it ‘too Guénonian’. The reality is that in it, I have adhered to the direction, over time, dearer to me, of the ‘right middle ground’.” Certainly, we do not share anti-Guénonian or pro-Guénonian sentiments, as our perspective is non-dual and, as such, free from fideisms and preconceived hostilities. This is the reason why we have appreciated the effort made by the Author; in this sense, we are not even displeased with the repeated comparisons and distinctions with other figures of the 20th century esotericism, especially with Arturo Reghini and Julius Evola. Reghini, indeed, had managed to demonstrate a profound intelligence and, at times, even sharper than others. It is enough to read the description of his spontaneous consciential intuition (Pietro Negri [pseudonym of A. Reghini], “Sub specie interioritatis”, in UR, 1927; reprinted in Gruppo di UR (edited by), Introduzione alla Magia, Edizioni Mediterranee, Rome, 1971, vol. I, pp. 13-18.), an index in many ways of an intellectually privileged birth, to understand the stature of this character. Evola, on his part, has been able to present symbols and aspects of different traditions without ever portraying himself as a ‘great initiate’ or creating around him a legend of mystery and contacts with inaccessible initiatic environments. Certainly, we do not share Consolato’s benevolence towards the present-day survival of Pythagoreanism and the recognition of any initiatic value in Freemasonry, which Reghini deluded himself about; nor do we find sustainable the ‘underground’ survival of the Roman tradition envisaged by Evola and some Italian neopagan environments. To these far-fetched ideas is added the belief in a real hermetic transmission that originated from the journey of Georgius Gemistus Pletho to Florence in 1438 which gave birth to the Medici Academy. According to this belief, such hermetic transmission would have developed during the Renaissance, influenced Protestant Rosicrucianism, and reached us through 19th-century occultist currents. We will not dwell on this topic, as we have sufficiently addressed it in chapter 50 of Ab Ordine Chaos (on this same site or, in print, Milan, Ekatos, 2022). Therefore, we believe that the chapters of A Ovest con René Guénon, dedicated to the comparison between the French esotericist and Giuliano Kremmerz, are the weakest part of the reviewed book. The alleged Hermeticism and the legendary Egyptian-Neapolitan heritage in Ciro Formisano’s magical teachings are presented by Consolato with inexplicable sympathy. On our part, we share the suspicion that Guénon harboured towards Kremmerz and the two societies emanating from him, Miriam and Mantos, which still have followers in Roman and Neapolitan academic circles. The last part of the book consists of the exposition of the cyclical doctrines that Guénon has repeatedly dealt with in his numerous writings and the future perspectives he imagined for Western civilization and Europe in particular. Consolato’s description is, in general, precise and adherent to the thought of René Guénon. In the book, the author clearly distinguishes these three Guénonian perspectives from what is defined as clairvoyances and prophecies, although the peremptory tone with which the esotericist of Blois enunciates them leads the uncritical reader to accept that there are no other different possibilities. It is surprising, however, that Guénon underestimates the ‘yellow peril’, despite being aware of the start of Sino-Communist imperialism with the invasion of Inner Mongolia, Manchuria and Tibet, as well as the genocide perpetrated against the Manchurians and Uhigurians; or that he did not suspect the degenerative trend of the Islamic world and its plan for ethnic invasion of Europe, which is happening today for several decades with indifference or even with the complicity of some ṭuruq. As for his three perspectives on the future of Europe, he claimed to have based them on the doctrine of cosmic cycles, a doctrine that, in his opinion, is known in all ‘regular traditions’. This does not correspond to reality, as monotheistic religions lack a cyclical understanding of time and the division into four ages of current humanity. An exception to this are some late versions of the Qabbalah which, however, being at odds with Bereshit itself, are interpreted in such a way that of the seven cycles mentioned in the Sefer Ha Temunah only the current one is the Adamic creation on this earth, while the other six are chronological cycles without any gross modality. Indeed, it is well known that for Semitic religions, the revealed text is the discriminator between orthodoxy and heterodoxy even in the esoteric domain. Even the three ages of Abbot Joachim are in reality three phases in crescendo of a rectilinear time. Not to mention the Blavatskian speculations about the succession of the Kingdoms of Edom or the categories (ṭabaqāt) of the earth in certain Sufism, which are, on the contrary, textually described as contemporary among themselves. In addition to having a linear view of history, monotheistic religions share the idea of an imminent end of times, which Guénon equates with the end of the Kali Yuga in Hinduism. The fact is that the dark age is described, in all Smārta texts, as lasting 432,000 years, beginning in the year 3102 BCE. In India, therefore, the end of the Kali Yuga is far from coming. But even more striking is Guénon’s suppression of the mahāyugas: both the Purāṇas and the Āgamas transmit that a manvantara includes 71 mahāyugas (or caturyugas), each of which is composed, in turn, of four yugas. The mathematician Āryabhaṭa (Daśagītikā, I.3), based on his calculations, confirmed that the Mahābhārata war occurred at the end of the dvāpara yuga of our twenty-seventh mahāyuga of the seventh manvantara, which is part of the kalpa of the White Boar. In turn, the present Śveta Varāha Kalpa is only the luminous half of the first day of the fifty-first year of Brahmā’s ‘life’. It is at least curious that Professor Consolato did not dwell on Guénon’s forced reduction of the broad traditional duration of cosmic cycles according to the eternal tradition (and, in all likelihood, the Greco-Roman ages, so similar to it) to align with the limited life span of religions founded in the last three millennia. Despite these few weaknesses, the book is rich in data and insights of great interest, which, along with the mild and balanced tone (a virtue all too rare among Italian esotericists), make it useful and enjoyable reading. In particular, the well-founded revaluation of classical intellectuality, especially Latin, often unduly undervalued in favour of Celtic and Germanic barbarism, is of great significance.
Gian Giuseppe Filippi