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RECENSIONE :

Sandro Consolato

Pubblicata su:

ARTHOS 31 - 2022

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RENATO DEL PONTE 

Roma Amor

Edizioni ArÅ·a, Genova 2022

Pagine 112 - € 19,00

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Il nuovo libro antologico di Renato Del Ponte dedicato a Roma e alla sua sacralità raccoglie felicemente gli inserti con cui l’Autore ha accompagnato diversi dei suoi Kalendaria che dagli anni Ottanta in poi hanno dato a tanti ‘tradizionalisti romani’ una conoscenza e una possibile esperienza del tempo sacro dei maiores nostri

I temi trattati sono in tutto nove. Primo: il cibo sacro e profano, sottolineando l’importanza del sacrificio animale nella religione dei Romani, dando poi centralità all’uso anche profano del farro, ma non senza indicazioni su alcune pietanze tipiche di quel popolo e una chiarificazione sul carattere tutt’altro che eccessivo (come vorrebbe una vulgata di origine soprattutto cinematografica) della loro alimentazione ordinaria. Secondo: si vola più in alto, trattando delle dèe arcane delle origini: Bona Dea, Fauna/Maia/Opi, Acca Larentia Mater Larum, Tacita, Egeria e le dèe acquatiche, Angerona, Flora, Fortuna Voltumna/Giuturna. Qui, molto giustamente, Del Ponte intende far riflettere sul fatto che l’elemento divino femminile “ha giocato un ruolo tutt’altro che secondario nella realtà sacrale che ha preceduto la stessa nascita di Roma (Ruma, Rumon)” (p. 14). Tra queste divinità, ricordiamo soprattutto Flora, di cui si legge: “L’antica Flora sarà venerata sino oltre il trionfo del cristianesimo, ad esempio dalla gente dei Simmachi. In quanto impersonificante la forza insopprimibile della Tradizione, che sempre rinascendo si rinnova, fu oggetto di attenzione a Florentia, ovvero nella Firenze del ’400 e, come tale, Flora appare raffigurata nella ‘Primavera’ del Botticelli, autentico ‘mistero pagano’ della Rinascenza Medicea” (p. 21).

Di questa “forza insopprimibile” dell’ A-mor di Roma, Del Ponte presenta poi le figure, le opere e le azioni di diverse personalità, dall‘'ultimo’ poeta pagano Claudio Rutilio Namaziano (V secolo d.C.) all’umanista Pomponio Leto, che riprese occultamente il cultus deorum (XV secolo), fino al francese Quintus Nautius Aucler, che fece lo stesso in piena Rivoluzione francese, passando quindi alle a noi più vicine figure del poeta Giovanni Pascoli e dell’archeologo Giacomo Boni. Tornando al mondo antico, viene poi trattato il mondo delle gentes e del culto gentilizio, con particolare rilievo dato a culti come quello di Ercole, di Minerva troiana, di Vediove, mentre di una gens che ha molto attratto l’Autore, quella dei Valerii, si rammenta “il loro legame con le divinità ctonie Sorano e Feronia e le loro capacità sanatorie e guaritrici” (p. 39). In tema di gentes, non si trova azzardato il sostenere che, con la piena vittoria del cristianesimo, culti gentilizi, “tramandati da padre in figlio, si perpetueranno nel segreto del chiuso delle grandi ville patrizie mediante la trasmissione di testi, rituali e arredi sacri” (p. 42). Dei rituali pagani si occupa quindi un capitolo piuttosto denso ed erudito espressamente dedicato a formule e preghiere della religione, tra cui gli indigitamenta e i carmi di Salii e Arvali. Un collegio, quello degli Arvali, che si guadagna poi un bel capitolo tutto suo, quale esponente di un culto legato alla terra che doveva essere tra i più arcaici e “addirittura preesistere alla fondazione della città” (p. 71). La terra ci rimanda al tema fondamentale del Genius loci, per il quale l’Autore, che ovviamente tocca anche la questione del romano Genius Urbis, ci ricorda che: “Gli antichi esperirono il loro ambiente come costituito da caratteri ben definiti, riconoscendo l’importanza vitale di venire a patti col Genius della località in cui doveva aver luogo la loro esistenza. Sopravvivere significava avere un buon rapporto col luogo, nel senso sia fisico che psichico” (p 60).

Restando in argomento di luoghi, il penultimo capitolo è dedicato a una terra, la Lunigiana, particolarmente cara a Del Ponte, terra della dea Luna ma anche di moltri altri culti, tra cui Hercules in particolare, e, come si ricorda in chiusura del saggio, immortalata dal già citato, paganissimo Rutilio Namaziano nel suo De reditu. La serie degli inserti dei Kalendaria è completata con quello dedicato alla controversa scoperta del Lupercale, avvenuta nel 2007, ma su cui è poi caduto un imbarazzante silenzio, tanto da far scrivere al nostro Autore: “che l’antro del Lupercale sia una volta per tutte sciolto dall’oblio, reso per sempre alla luce, rendendolo visibile (con i debiti onori) non solo a Roma e all’Italia, ma al mondo intero” (p. 93).

Degno di nota, infine, è che Del Ponte abbia voluto porre in appendice a questa sua ultima antologia un saggio che apparve sul numero speciale de “La Cittadella” (Il nostro 150°: Risorgimento e Romanità) uscito nel 2011 in occasione delle celebrazioni per i 150 anni dello Stato nazionale. Intitolato Le misteriose radici del Tricolore d’Italia, questo testo accoglie esplicitamente l’idea di Pascoli che il Tricolore venisse “da più profonde lontananze” (queste sono parole proprio del Poeta), e che non può essere ridotto a una mera imitazione di quello francese, negli stessi ambienti massonici e ‘giacobini’ italiani del tempo essendosi esercitate influenze più profonde, e consapevoli di taluni significati simbolici. I nostri tre colori sono infatti radicati in una arcaica simbologia indoeuropea e italico-romana e furono adottati dallo stesso Dante per la sua Beatrice. Ma già parlando di Flora, nel saggio su Le dèe arcane delle origini, l’Autore aveva segnalato che per un erudito tardo antico come Giovanni Lido “il verde appartiene a Roma stessa, sotto il nome di Flora… Il bianco all’aria (= Dius, Giove); il rosso a Marte” (p. 21). Nella Introduzione alla raccolta, si esplicita che si è “ritenuto importante” riproporre lo studio del 2011 sulla nostra bandiera “dal momento che in questi tempi incerti di pandemie e guerre, il tricolore è stato un messaggio forte di unione per gli Italiani: fatto sorprendente che ci riporta alle origini archetipali delle popolazioni italiche e di Roma” (p. 3). Ma riportarci a tali origini è stato, da sempre, anche l’impegno, lo scopo di tutta l’attività culturale (e spirituale) di Renato Del Ponte, che con questo volumetto, i cui argomenti ne fanno tutt’altro che un libro ‘minore’, ha voluto ancora una volta darci l’orgoglio per il nostro più alto passato e la speranza di un migliore avvenire, sotto il segno di Roma Amor.

 

Sandro Consolato

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